Smart working e sicurezza del lavoro: criticità e prospettive

Il ricorso di massa alla smart working, causato dal diffondersi del contagio da Covid-19, apre scenari differenti. In particolare, risultano di particolare complessità le problematiche connesse alla tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che svolgono la loro attività in “modalità agile”.

La Legge n. 81/2017, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, ha portato a compimento il percorso parlamentare iniziato con la presentazione del DDL n. 2233. La norma approvata è articolata in due sezioni:
  • Il Capo I (“tutela del lavoro autonomo”), è finalizzato al rafforzamento delle tutele del lavoratore autonomo e all’incremento delle opportunità di accesso al mercato.
  • Il Capo II, dall’altro lato si rivolge ai lavoratori dipendenti interessati al “lavoro agile” (definito anche “smart working”), consentendo “modalità flessibili di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementarne la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. La norma prevede che, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, lo smart working consente – senza alcuna discriminazione in relazione all’aspetto retributivo – di realizzare l’attività lavorativa in tutto o in parte al di fuori dei locali aziendali, attraverso l’utilizzo di dispositivi tecnologici che permettono la connessione perpetua.
Con riferimento alla specifica regolazione della sicurezza del lavoro nello smart working, la norma prevede quanto segue: 
  • Il lavoratore ha diritto: alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali; alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nei limiti e alle condizioni di cui al terzo comma dell’articolo 2 del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.
  • Il datore di lavoro è tenuto alla tutela della salute e della sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, e a tale fine deve consegnare al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Altresì, il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali.

La disciplina della sicurezza nei luoghi di lavoro

La piena e corretta applicazione della normativa che disciplina la tutela della salute e della sicurezza del lavoro in un contesto di modalità lavorativa di “smart working” presenta aspetti peculiari che necessitano di una attenta analisi. A tale fine, è necessario richiamare alcune regole generali che possono essere desunte dal Decreto Legislativo 81/2008:
  • La tutela della salute e della sicurezza del lavoro è responsabilità del datore di lavoro, anche qualora l’attività lavorativa si svolga in contesti differenti dai locali aziendali.
  • Con riferimento ai destinatari delle misure, l’art. 2, comma 1, lettera a), specifica che per “lavoratore” si intende la “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”.
  • L’art. 3, comma 4, secondo cui “il presente Decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati”, il D.Lgs. n. 81/2008 si applica integralmente a tutela di qualsiasi persona anche non subordinata che di fatto eserciti l’attività nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro, a prescindere dalla tipologia contrattuale.
I principi di base della normativa in materia di sicurezza sul lavoro sono necessariamente il punto di partenza per delineare il regime della responsabilità del datore con riferimento alla prestazione svolta nella modalità di lavoro definita “smart working”; in tale contesto occorre ricordare che qualsiasi analisi riguardante la disciplina della sicurezza nei luoghi di lavoro deve avere quale precipuo riferimento la norma generale di cui all’art. 2087 del Codice Civile, il quale prevede l’obbligo a carico del datore di lavoro di adottare “tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Il datore ha pertanto l’obbligo per individuare e valutare i rischi connessi alle attività svolte e agli ambienti lavorativi specifici (la “particolarità del lavoro”), nonché di predisporre e aggiornare tutte le misure finalizzate ad ovviare le conseguenze dannose, attraverso gli strumenti disponibili in base alle conoscenze e alle tecniche disponibili. In questo quadro normativo anche il lavoro subordinato svolto all’esterno della sede aziendale è stato incluso nell’alveo protezionistico. 

Elementi di criticità emersi nel dibattito parlamentare

Nel dibattito parlamentare che ha preceduto l’approvazione della Legge n. 81/2017 sono emersi differenti aspetti di particolare criticità riguardanti le gestione della sicurezza del lavoro nello smartworking; nello specifico il principale nodo è riferito alla possibilità che gli eventi infortunistici e le malattie professionali legati esclusivamente alla scelta discrezionale del luogo da parte del lavoratore – ambito su cui il datore di lavoro non ha un controllo diretto e immediato – possano o meno essere addebitati a titolo di colpa al datore di lavoro. 


A tale riguardo, il Governo, nella presentazione del disegno di legge, si è impegnato a:
  • dare soluzioni interpretative finalizzate a “garantire al lavoratore un’adeguata tutela e non aggravare la responsabilità del datore di lavoro per eventi che potrebbero andare oltre la sua sfera di controllo”;
  • considerare la consegna dell’“informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro” (art. 22, comma 1 Legge n. 81/2017 ) dirimente rispetto ad ogni altro onere del datore in riferimento alla sicurezza del luogo di lavoro esterno alle proprie strutture.
Nel corso del dibattito parlamentare è emerso un orientamento di fondo teso a considerare l’informativa scritta, unitamente agli altri obblighi di natura formativa e informativa, quale unico contributo alla sicurezza realizzabile dal datore di lavoro in regime di smartworking. 

Tuttavia, in tale quadro sono ravvisabili differenti elementi relativi alla garanzia delle sicurezza del lavoro nello smartworking – di seguito descritti – che necessitano di una attenta analisi. 

Previsione delle coperture Inail

Con riferimento alle coperture Inail, la Legge n. 81/2017 dispone che “Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali” (art.23, comma 2). 

Riguardo a alla copertura INAIL dell’infortunio in itinere verso il luogo di svolgimento della prestazione di lavoro agile, è necessario individuare se lo spostamento venga considerato verso il luogo di lavoro a prescindere da qualsiasi indagine circa l’occasione di lavoro. Nello specifico, “il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nei limiti e alle condizioni di cui al terzo comma dell’articolo 2 del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e successive modificazioni, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza”. 

Attrezzature di lavoro

Con riferimento alle attrezzature di lavoro, la norma non contiene una specifica limitazione della responsabilità del datore di lavoro ai soli strumenti che vengono forniti da quest’ultimo al lavoratore. Tuttavia, l’art. 18, comma 2 della Legge n. 81/2017, specifica che il datore è “il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa”, ravvisando in tale modo una responsabilità dell’infortunio connesso al malfunzionamento e al difetto di sicurezza degli strumenti tecnologici che abbia affidato al lavoratore per lavorare in smart working. 

Responsabilità del datore di lavoro

Come già precedentemente accennato, un aspetto centrale della regolazione della sicurezza del lavoro nello smartworking riguarda la responsabilità per l’infortunio connesso al luogo di lavoro esterno scelto dal lavoratore, nonché per qualsiasi rischio connesso all’attività lavorativa. È evidente la difficoltà per il datore di lavoro di prevedere tutti i pericoli incombenti sul prestatore il quale svolga l’attività lavorativa in un luogo la cui scelta è a esclusiva discrezione del lavoratore, con la conseguente difficoltà di prevenire gli infortuni connessi ad un luogo ignoto. In base ad alcune interpretazioni, l’impossibilità della prevenzione antinfortunistica comporterebbe il venir meno del presupposto della responsabilità del datore di lavoro per la sicurezza connessa al luogo di svolgimento della prestazione. 

A tale proposito è necessario richiamare quanto previsto dalla Legge n. 81/2017, la quale mantiene in capo al datore di lavoro l’obbligo tutela della salute e della sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile: la norma espressamente prevede che “il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro” (art. 22, comma 1). Quest’ultima formulazione deve essere ricollegata ai relativi obblighi per il datore di lavoro previsti dalle specifiche norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, e in particolare all’obbligo di valutazione dei rischi, e di redazione del Documento Valutazione Rischi il quale deve contenere – in base alla previsione dell’art. 28, comma 2, lett. D D.Lgs. 81/2008 – anche «l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri». Altresì, il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali (art. 22, comma 2). 

È evidente come il vincolo per il datore di lavoro di rispetto di tali obblighi, e ciò che ne scaturisce in termini di attività preventive e di misure correttive, implichi che la legge n. 81/2017 non possa derogare alla regola dell’applicabilità integrale del D.Lgs. n. 81/2008. Sebbene nell’art. 22, comma 1, secondo periodo, disponga che il datore di lavoro “consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro”, non si può affermare che questa “informativa scritta” sia l’unico obbligo del datore di lavoro a tutela della sicurezza del lavoratore agile. Altresì, da un’attenta analisi dell’articolato normativo in materia prevenzionistica e in particolare degli obblighi in materia di valutazione dei rischi sopra indicati, scaturisce che il datore di lavoro ha l’obbligo: 
  • di valutare “tutti” i rischi, in linea con quanto prevedono gli artt. 17, comma 1, lettera a), e 28, D.Lgs. n. 81/2008 (quest’ultimo, al comma 1, vincola il datore di lavoro a valutare i rischi “connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro”);
  • di individuare, nell’informativa scritta, non solo “i rischi generali”, ma anche “i rischi specifici”, ossia “i rischi connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro”. A tale proposito nel lavoro agile, in base all’art. 18, comma 1, secondo periodo, legge n. 81/2017 “la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa”: conseguentemente il datore di lavoro ha l’obbligo di individuare i rischi generali e specifici sia “all’interno”, sia “all’esterno”, dei “locali aziendali”.
Da un’attenta analisi dell’art. 22, comma 1, è evidente che “l’informativa scritta non è riducibile al rango di una comunicazione generica e astratta: sia perché persegue la dichiarata finalità di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile; sia perché ha per contenuto l’individuazione dei rischi. Al primo riguardo, è da notare che il legislatore non si limita a disporre l’informativa scritta al fine di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, ma prima ancora separatamente e in termini onnicomprensivi prescrive che “il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile”[1]

Considerazioni conclusive 

È evidente che quanto definito dalla nuova normativa che regola lo “smart working” con riferimento alla gestione della sicurezza e della salute sia in linea con la previsione normativa previgente; quest’ultima è però stata definita in un contesto nel quale il telelavoro aveva un ruolo decisamente marginale, e di conseguenza una complessità di gestione della prevenzione e protezione molto bassa. Vi è tuttavia una differenza fondamentale tra lavoro agile e lavoro da casa o telelavoro. La peculiarità del cosiddetto lavoro agile sta, infatti, nella possibilità di espletare la prestazione lavorativa in qualunque situazione, anche sconosciuta al datore di lavoro, e con qualsiasi tipo di strumentazione. 

In uno scenario di diffusione dello smart working come quello che si prefigura per i prossimi anni, probabilmente affiancato anche da una progressiva flessibilità dell’orario lavorativo dei singoli, l’attuale normativa sulla sicurezza del lavoro rischia di non essere sufficiente: anche in un’attività d’ufficio la valutazione dei rischi ha elementi di rilevanza (microclima, videoterminali, ergonomia, stress lavoro correlato) che sono di agevole comprensione se il luogo di lavoro è univoco (o comunque limitato alle sedi aziendali), ma la cui complessità aumenta esponenzialmente se i luoghi di lavoro corrispondono agli “n” luoghi scelti discrezionalmente dai lavoratori. In tale contesto, è necessario che il legislatore intervenga al fine di definire con maggiore precisione le modalità di attuazione degli obblighi del datore di lavoro, al fine di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, e gli obblighi del lavoratore di cooperare all’attuazione delle misure individuate dal datore di lavoro: sarà da valutare se e come tali specifiche saranno oggetto di successivi decreti attuativi. 

Infine, vi sono rischi che divengono di difficile valutazione nella modalità di lavoro “smart working”, ma i quali hanno assunto una rilevanza sempre maggiore negli ultimi anni: lo stress lavoro correlato e i rischi ergonomici. È evidente che queste tematiche non possano essere tralasciate: anzi, esse potrebbero avere risvolti che ne amplificano la complessità, in particolare in relazione al rapporto tra lo stress lavoro correlato e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. 

Siamo probabilmente agli inizi di una radicale trasformazione delle modalità e delle forme dei rapporti di lavoro, che necessitano la capacità di prevedere scenari nuovi e diversificati, relativamente ai luoghi, ai tempi, agli strumenti, ai ritmi delle attività lavorative: in tale contesto lo smart working rappresenta soltanto un primo esempio di tali mutamenti. Di fronte a tale cambiamenti, la tutela del benessere nei luoghi di lavoro – le cui norme hanno origine in un periodo storico caratterizzato prevalentemente da un’organizzazione tayloristica del lavoro – richiede un radicale ripensamento, che sia fondata su una gestione meramente della sicurezza del lavoro non limitata all’applicazione formalistica di norme cogenti, ma che nella quale abbiano una funzione maggiore gli aspetti organizzativi, partecipativi e culturali. 

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[1] R. GUARINIELLO, Lavoro agile e tutela della sicurezza, in Diritto & Pratica del Lavoro, 32-33/2017

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