Sicurezza del lavoro: i venticinque anni della Direttiva 89/391/CEE

Alla data dello scorso 12 giugno sono trascorsi venticinque anni dall’emanazione della Direttiva 89/391/CEE, un atto normativo comunitario che ha dato un notevole impulso allo sviluppo della legislazione italiana in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, nel quale le istituzioni e le politiche comunitarie vengono viste da una parte rilevanti dei cittadini, dei mass media e del mondo politico esclusivamente in ottica negativa, è utile ricordare come la Direttiva 89/391/CEE (definita dagli addetti ai lavori “direttiva madre”) e le cosiddette “direttive figlie” che seguirono la stessa, hanno rappresentato per il nostro paese una fondamentale possibilità di sviluppo sociale, attraverso l’armonizzazione con le legislazioni dei paesi “più avanzati” in tale ambito e il contributo dato al superamento della frammentarietà che aveva fino a quel momento caratterizzato il quadro normativo italiano in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La Direttiva 89/391 - la quale è intervenuta su molteplici ambiti che ancora non erano stati regolati dal legislatore italiano – ha innanzitutto dato una descrizione chiara dei principali soggetti della sicurezza, definendo cosa si intende per “lavoratore”, “datore di lavoro” e “rappresentante dei lavoratore per la sicurezza”; in essa sono inoltre contenuti i principi fondamentali per promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro. Il legislatore italiano avrebbe dovuto approvare la prima direttiva entro il 31 dicembre 1992; si optò per intraprendere la strada della delega al governo per l’emanazione di un apposito decreto legislativo, il quale tuttavia non fu emanato entro la data prevista. Dopo successive proroghe, il 19 settembre 1994, ci fu la promulgazione del Decreto Legislativo n. 626, con un testo corposo e complesso (98 articoli) accompagnato da 13 allegati, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 12 novembre 1994 ed entrato in vigore il 27 novembre 1994. Sebbene abbia dato regolazione agli ambiti definiti dalla Direttiva Quadro e sopra descritti, il D.Lgs 626/94 - anche a causa della sua tardiva e faticosa approvazione - è una norma divenuta presto desueta, incapace di tutelare le nuove modalità dei rapporti di lavoro sorte negli anni novanta (a tale fine occorrerà attendere gli interventi correttivi della Riforma Biagi), appesantita da una complicata normativa di dettaglio e da disposizioni di natura tecnica. Tali elementi hanno allontanato la 626 da quelli che erano gli obiettivi della Direttiva 89/391, e sono stati alla base dei successivi interventi normativi – il Decreto Legislativo 81/2008 e il Decreto Legislativo 106/2009.
Tuttavia, nonostante la presenza di un vasto corpus normativo, la cultura della sicurezza stenta ancora ad affermarsi nel nostro paese, e viene spesso vissuta dalle aziende soprattutto come un costo e un limite al pieno dispiegamento delle potenzialità produttive. Rispetto ad altri paesi industriali avanzati, in Italia sono ancora insufficienti le misure di incentivo finanziario da parte dello Stato, e quelle esistenti sono di carattere generale, rivolte alla generalità delle aziende. È mancata finora la capacità – presente in altri paesi europei, ad esempio in Germania, Francia, Svezia e Finlandia – di costruire percorsi di miglioramento della sicurezza specifici nei diversi settori produttivi, con il coinvolgimento delle parti sociali e con l’impulso forte a una collaborazione continua tra lavoratori e management all’interno delle singole aziende, al fine di rendere la gestione della sicurezza pienamente organica alla logica e alla pratica organizzativa aziendale. Un ulteriore elemento che non riceve l’attenzione necessaria nel nostro paese è la necessità di individuare strumenti e azioni che consentano il pieno rispetto delle norme sulla salute e la sicurezza nelle piccole imprese. Gli elementi sopra descritti, congiuntamente all’esigenza di un ulteriore sforzo al fine di una più efficace applicazione delle norme in materia di salute sicurezza nei differenti contesti nazionali, sono riconosciuti dalla Commissione Europea, la quale, nella Comunicazione della Commissione relativa ad un quadro strategico dell'UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2014-2020 ha indicato tre sfide strategiche:

  • migliorare l'attuazione delle disposizioni di legge da parte degli Stati membri, in particolare rafforzando la capacità delle microimprese e delle piccole imprese di mettere in atto misure di prevenzione dei rischi efficaci ed efficienti; 
  • migliorare la prevenzione delle malattie legate al lavoro affrontando i rischi attuali, nuovi ed emergenti; 
  • far fronte al cambiamento demografico e quindi all’allungamento della vita lavorativa ed alle diverse esigenze dei lavoratori più anziani. 
Tali sfide sono ulteriormente declinate in una serie di azioni, raggruppate in sette obiettivi strategici fondamentali, da attuare o sviluppare in stretta collaborazione con gli Stati membri, le parti sociali e gli altri soggetti interessati.

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