Decreto coesione, perché gli incentivi finanziari non sono sufficienti
Il Decreto Legge n. 60/2024, "Ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione", varato dal Governo lo scorso 30 aprile ed entrato in vigore l'8 maggio, prevede - tra le altre misure per accelerare l'attuazione e ad incrementare l'efficienza della politica di coesione europea nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) italiano - una serie di interventi, collocati nel Capo IV del provvedimento, finalizzati a sostenere la creazione di nuova occupazione, sia con riferimento al lavoro dipendente che a quello autonomo. Concentrando l'attenzione in modo specifico sugli incentivi al lavoro dipendente, le principali misure sono:
- il "Bonus giovani" (art. 22): prevede, per i soggetti che non abbiano compiuto il 35 anno di età e non siano mai stati impiegati a tempo indeterminato, che i "datori di lavoro privati che dal 1° settembre 2024 e fino al 31 dicembre 2025 assumono personale non dirigenziale con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o effettuano la trasformazione del contratto di lavoro subordinato da tempo determinato a tempo indeterminato" siano esonerati dal "100 per cento dei complessivi contributi previdenziali". L'importo massimo mensile riconosciuto per ciascun lavoratore è di 500 euro, aumentato a 650 euro per le assunzione effettuate nella Zona Economica Speciale unica per il Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna). Tali benefici contributivi sono riconosciuti nel limite di spesa di 34,4 milioni di euro per l'anno 2024, di 458,3 milioni di euro per l'anno 2025, di 682,5 milioni di euro per l'anno 2026 e di 254,1 milioni di euro per l'anno 2027;
- il "Bonus donne" (art. 23): prevede che "al fine di favorire le pari opportunità nel mercato del lavoro per le lavoratrici svantaggiate, anche nell'ambito della Zona Economica Speciale unica per il Mezzogiorno" ai datori di lavoro privati che dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025 assumono le lavoratrici di "qualsiasi età", prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti nelle regioni della Zona Economica Speciale unica per il Mezzogiorno il riconoscimento, per un periodo massimo di ventiquattro mesi, l'esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) nel limite massimo di importo pari a 650 euro su base mensile. I benefici contributivi sono riconosciuti nel limite di spesa di 7,1 milioni di euro per l'anno 2024, 107,3 milioni di euro per l'anno 2025, 208,2 milioni di euro per l'anno 2026 e di 115,7 milioni di euro per l'anno 2027;
- il "Bonus Zona Economica Speciale unica per il Mezzogiorno" (art. 24): al fine di sostenere lo sviluppo occupazionale della Zona Economica Speciale unica per il Mezzogiorno e contribuire alla riduzione dei divari territoriali, ai datori di lavoro privati che dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025 assumono personale non dirigenziale con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è riconosciuto, per un periodo massimo di ventiquattro mesi, l'esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro. L'esonero contributivo è riconosciuto esclusivamente ai datori di lavoro privati che occupano fino a 10 dipendenti nel mese di assunzione e che assumono presso una sede o unità produttiva ubicata in una delle regioni della Zona economica Speciale unica per il Mezzogiorno. I benefici contributivi sono riconosciuti nel limite di spesa di 11,2 milioni di euro per l'anno 2024, di 170,9 milioni di euro per l'anno 2025, di 294,1 milioni di euro per l'anno 2026, e di 115,2 milioni di euro per l'anno 2027.
Le misure sopra descritte, varate dal Governo utilizzando i finanziamenti del PNRR, intervengono sul del costo del lavoro, con interventi di riduzione dei contributi previdenziali per un periodo di tempo limitato, al fine di incentivare le assunzioni di soggetti appartenenti alle categorie di lavoratori considerati "svantaggiati" per condizione personale (giovani e donne, in particolare con percorsi lavorativi precari) o per collocazione geografica. La natura degli interventi non rappresenta una novità: negli ultimi anni si sono succedute norme che contenevano misure di incentivazione analoga (a partire dal Jobs Act, seppure all'interno di una riforma del lavoro di ampia portata).
Evidentemente le misure di riduzione del costo del lavoro causano un incremento della assunzioni per il periodo nel quale resta in vigore tale abbassamento: superata tale fase le assunzioni tornano alle loro dinamiche naturali, mentre la durata nel tempo dei contratti stipulati con la spinta della riduzione contributiva dipende da molteplici variabili (produttive, economiche, aziendali, individuali) che necessitano di analisi puntuali.
La crescita stabile nel tempo dei livelli occupazionali e il contributo delle politiche del lavoro alle dinamiche di crescita produttiva necessità però non soltanto di incentivi finanziari temporanei - benché la riduzione del costo del lavoro sia un elemento ben altro che trascurabile - ma di interventi strutturali che incidano sui percorsi di istruzione e formazione, sulla riqualificazione delle competenze, sulla facilitazione dei percorsi di mobilità, sulla capacità - in particolare per le aree meno sviluppate del paese - di inserire gli interventi finalizzati alla crescita dell'occupazione all'interno di progetti di politica industriale efficaci. Relativamente a questi aspetti, il nostro paese ha perso da alcuni decenni la capacità di programmare il futuro, la forza di difendere le proprie eccellenze industriali, di agire - in primis la politica - ponendo al primo posto gli interessi nazionali.
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