Cancellare il Jobs Act. Per tornare al passato?
Cancellare il Jobs Act, fare tabula rasa, ricominciare da capo: questi sono gli slogan che si sentono ripetere nelle ultime settimane nel dibattito politico, sulla stampa, tra i tanti presunti esperti della tematica del lavoro. L'incapacità del nostro sistema politico di dare continuità alle riforme strutturali è oramai endemica: mentre in altre paesi le stesse sono spesso caratterizzate da un processo di discussione e di elaborazione condiviso tra i principali soggetti politici e sociali, in Italia prevalgono le logiche di parte e le esigenze del dibattito politico contingente. Riforme costituzionali, leggi elettorali, riforme di carattere finanziario, riforme mercato del lavoro: da venticinque anni attraversiamo una fase di continui cambiamenti che incidono su quelli che dovrebbero essere i pilastri della stabilità politica, il perimetro entro il quale le diverse maggioranze politiche si muovono, condividendo le regole del gioco e operando secondo una logica di progressiva modernizzazione e di crescita economica. A tale destino non sembra sfuggire il Jobs Act: la riforma del mercato del lavoro realizzata dal governo Renzi è oggetto di continui attacchi, non al fine di correggerne aspetti marginali (come ad esempio le distorsioni nell'utilizzo dei voucher) o per richiederne la piena attuazione (tutto l'ambito delle riforme sulle politiche attive è in gran parte ancora da attuare). No, occorre un colpo di spugna che cancelli l'intera normativa la quale - nella vulgata prevalente - non ha prodotto la crescita dell'occupazione: un giudizio dettato dall'incapacità di distinguere le politiche occupazionali dalle politiche del lavoro, dalla mancanza di consapevolezza di come i processi riformatori richiedano tempi adeguati e capacità - ove necessario - di intervenire con misure correttive, piuttosto che con spirito di rivalsa politica.
Qualunque maggioranza prevarrà nelle prossime elezioni politiche, dovrebbe avere la capacità di ripartire da quanto - e non è poco - è stato fatto di positivo con il Jobs Act: dai meccanismi di condizionalità all'assegno di ricollocazione, dalla riforma dei contratti di lavoro alla conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro, fino alla risistemazione degli ammortizzatori sociali e al rilancio dell'apprendistato. Senza dimenticare mai che tutti - pur con le legittime opinioni e idee, talvolta contrapposte - siamo i soci di una medesima "ditta" chiamata Italia.
Commenti
Posta un commento